

Psicanalisi e abiti, come ci vestiamo dipende da Freud
La moda come lente per vedere noi stessi, mostra al Fit New York
(di Agnese Ferrara) Dai tacchi a stiletto ai bustier, dai cappelli a cilindro alla moda dark-coquette o gotica, dallo stile 'protettivo' di abiti cocoon allo stile no gender, ciò che scegliamo di indossare parla di Freud e gli outfit vengono interpretati dalla lente della psicanalisi. La prima esibizione che ne esplora il legame profondo, dal titolo 'Dress, dreams and Desire: Fashion and Psychoanalysis', è in corso al museo del Fashion institute of technology di New York fino al 4 gennaio. La mostra svela concetti psicanalitici 'chiave', come il corpo, la sessualità e l'inconscio, per interpretare centinaia di capi di abbigliamento iconici degli stilisti tra i più rinomati (come Alexander McQueen, Elsa Schiaparelli, Jean-Paul Gaultier, Gianni e Donatella Versace, John Galliano per Christian Dior Haute Couture, Rick Owens, Thierry Mugler, Vivienne Westwood e così via). "La moda è la lente principale attraverso cui vediamo noi stessi e come ci vedono gli altri. Lungi dall'essere superficiale, può essere considerata una 'superficie profonda' che comunica i nostri desideri e le nostre ansie a livello inconscio, senza che nessuno di noi sia pienamente consapevole dei messaggi che invia", spiega la direttrice del museo del Fit e curatrice della mostra Valerie Steele, soprannominata 'la Freud della moda' dalla critica-guru Suzy Menkes, tra le più influenti esperte di moda. L'evento coincide con l'uscita, prevista a novembre, del libro di accompagnamento all'esibizione a cura di Steele. "La mostra comincia con lo stile personale di Sigmund Freud intorno al 1900 (lo stesso padre della psicanalisi era amante della moda per sé), con le sue idee radicali su sessualità e inconscio e le sue teorie problematiche sul rapporto definito 'esibizionistico' e 'narcisistico' delle donne con la moda, - sottolineano gli organizzatori. - Si prosegue con gli anni Venti e Trenta, quando la psicanalisi era associata alla libertà sessuale e personale soprattutto per le donne e le minoranze sessuali". Non solo Freud, molti altri illustri psicanalisti del calibro di Carl Gustav Jung hanno osservato il legame tra abiti, femminilità, pregiudizi. "Dagli anni '50 si riconosce che la maggior parte degli psicanalisti, in particolare negli Usa, fosse omofoba e misogina - spiega Steele. - Ma a partire dalla metà del XX secolo alcune femministe e attiviste Lgbtq+ smisero di ritenere Freud come un nemico e invocarono una psicanalisi inclusiva e liberatoria". Seguono interpretazioni della moda attraverso i sogni, i desideri, la differenza sessuale e la morte. Immagine corporea e identità personale coincidono anche secondo i principi della 'teoria dello specchio' dello psichiatra francese Jacques Lacan e il concetto di 'Io pelle' dello psicoanalista Didier Anzieu (abbinati, ad esempio, alla giacca a specchio di Elsa Schiaparelli). Fino ad arrivare alle idee psicanalitiche sul feticismo e ai movimenti verso un abbigliamento non binario e gender fluid, correlati ad una maggiore apertura della società contemporanea su sessualità e genere. Il 14 novembre è in programma anche un simposio con interventi, tra gli altri, dell'attrice e conduttrice tv statunitense, Laverne Cox, prima persona transgender candidata agli Emmy in un ruolo d'attrice e ad apparire sulla copertina della rivista Time, e della stilista inglese Bella Freud, autrice di podcast di successo dal titolo 'Fashion Neurosis'. Ispirato alla pratica della psicanalisi, ogni episodio somiglia ad una seduta di psicoterapia con l'ospite sdraiato su un lettino.
D.A.Ziegler--BVZ