

La storia dello sconosciuto film con Mastroianni e Piccoli
Caiazza scopre che il boicottaggio fu italiano e non albanese
(di Francesco De Filippo) ANTONIO CAIAZZA UNA STORIA SCOMODA (BIBLIOTHEKA, PP.177; 16 EURO) Si può criticare il Ventennio, contestare Mussolini ma ciò che non si può fare è mettere in discussione il mito degli "italiani brava gente" maturato nelle varie esperienze coloniali. E' il messaggio di "Una storia scomoda" del giornalista Antonio Caiazza, che ha scoperto una vicenda degna di una spy story. Ma in questo caso non ci sono omicidi, né rischiose azioni o eroismi ma una continua, ostinata, internazionale censura delle autorità italiane alla realizzazione di un film. Non un film qualunque e non con attori sconosciuti ma un lungometraggio con un cast di alto livello - Marcello Mastroianni, Michel Piccoli, Anouk Aimée - diretto da Luciano Tovoli, tratto dal libro Il generale dell'armata morta, dello scrittore albanese, Ismail Kadare, da girare in Albania con fondi francesi. Il libro - anche il film - tratta di una storia vera, la missione militare italiana degli anni '50 in Albania per recuperare le salme dei soldati morti nella guerra contro l'esercito greco e i partigiani albanesi. Parla dunque anche delle violenze commesse dagli italiani, dal colonnello Z., al comando del famigerato Battaglione Azzurro. Tutto era pronto, riprese previste fra 1980 e 1982: la troupe sbarca in Albania ma non riesce a girare nemmeno una scena. Neanche in futuro: una volta mancano le camionette promesse dagli albanesi, un'altra volta un'autorizzazione, quando un timbro, quando una risposta. Sono gli anni della Albania governata con pugno di ferro da Enver Hoxha, gli eventi accadevano o no: spiegazioni non erano contemplate. L'Italia non ha avuto sempre buone relazioni: tra Hoxha e il presidente Sandro Pertini c'erano state forte frizioni fin quasi alla rottura delle relazioni. Fino a ieri si pensava fosse stata la logica insondabile della burocrazia albanese a bloccare o rallentare le riprese, ma Caiazza ha scoperto che a non volere il film era l'Italia. Roma segretamente esercitò pressioni sugli albanesi e sui francesi. Quello del colonialismo era un nervo scoperto per Roma, nonostante le ricerche del giornalista Angelo Del Boca avessero dimostrato che gli italiani tanto "brava gente" non erano stati. D'altronde, il film Il leone del deserto con un altro grande cast (Anthony Quinn, Rod Steiger, Oliver Reed), ricorda Caiazza, sull'occupazione italiana della Libia, del 1980, arriverà in Italia solo nel 2009, mandato in onda da Sky. Nel 1953 Renzo Renzi e Guido Aristarco, rei di aver scritto il primo il canovaccio de L'armata s'agapò e il secondo per averlo pubblicato su Cinema nuovo, finirono in prigione: non si poteva ironizzare sul fatto che le truppe italiane in Grecia erano più facili ad eroismi amatori che non a epiche gesta belliche. Il film Il generale dell'armata morta alla fine si fece, grazie alla caparbietà di Luciano Tovoli, oggi novantenne. Unica sua regia (è sempre stato un gran direttore di fotografia). Archiviata l'Albania, Tovoli girò in Abruzzo. Il film uscì nel 1983 in Francia, con successo; in Italia arrivò nel 1985, trasmesso da Rai Due. "Se un film lo metti in televisione, con le sale hai definitivamente chiuso", precisa Tovoli a Caiazza. L'Albania l'ha visto solo nel 2023.
S.Dietrich--BVZ